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Il Tevere? Un fiume… non solo!

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Il Tevere? Un fiume… non solo!
gennaio 22
20:08 2021

Avete tutti presente un ricordo. Aggiungi al ricordo una conviviale… E salta alla mente il ricordo di un ospite caro che amava Roma e le sue bellezze e accresce il rimpianto di non potersi incontrare!

Dunque dicevamo: metti il ricordo di una serata in un ristorante sul Tevere, aggiungi l’Avv. Marcello Tagliaferri che ci deliziò in una serata dedicata al Tevere.

Il Tevere? Un fiume!

Un fenomeno tutto particolare, il fiume, nella storia affascinante dell’evoluzione del Pianeta!

Un fenomeno che trae origini da quelli più antichi del consolidamento della crosta terrestre della separazione delle rocce dalle acque, dalla formazione dell’atmosfera, dei flussi, ancora in parte misteriosi, delle glaciazione.

Un fenomeno comunque tutto particolare, fra quelli geologici, perché i fiumi scorrono e, pur non costituendo organismi viventi come le piante e gli animali, ne posseggono la Magia nascono vivono scorrendo muoiono. E come gli esseri viventi tali qualità posseggono nel tempo, essi ne godono nello spazio: nascono qui, scorrono li muoiono laggiù.

E intorno ai fiumi la materia organica, uscita dal mare, ha percorso e percorre la lunga strada dell’evoluzione nel tempo. Ed è intorno ai fiumi che si sono aggregate le prime bande di Umani, ne hanno colto le opportunità e la Magia, le hanno inglobate nelle loro Culture. Sotto l’ala protettrice del mito l’eroe fondatore salvato dalle acque: Noè Mosè Romolo e Remo – sono diventati popoli.

L’Indo il Tigri e l’Eufrate, lo Xanto lo Scamandro il Giordano e il Nilo ad Oriente hanno posto le basi con la scrittura della Memoria collettiva permanente dell’Umanità: la Storia.

E ad Occidente?

In Italia, il lungo ponte naturale gettato trasversalmente sul Mediterraneo?

Scorre lì in Italia un fiume che dell’Appennino nord orientale scende verso sud e verso il Tirreno, contrassegnando ad. Ovest il territorio degli Etruschi ad est e a Sud una lunga serie di popolazioni di lingua Osca: Umbri Latini Sanniti Volsci fino alle regioni occupate dai Greci e dai Punici.

L’importanza strategica di tal fiume, il Tevere. Tanta più balza evidente, ove si consideri che lo stesso si collega a nord ai bacini dell’Arno prima e quindi del Po coniugando Tirreno ed Adriatico.

E tanta più importanza assume di quel fiume il tratto appena prospiciente La Foce La ove l’apertura al mare appare protetta da provvidenziali alture i colli tiberini.

E in adiacenza a quel tratto le popolazioni limitrofe si fronteggiano sorvegliandosi ma non guerreggiano: troppo ricchi sono i proventi dalla utilizzazione della zona per correre il rischio di essere estromessi in caso di disfatta. Si perviene così ad una sorta di nazionalizzazione della zona stessa, con l’affidamento della gestione delle attività e dei transiti ad alcune genti o clan rappresentative ciascuno degli interessi di una etnia o popolazione.

Sono lì operativi, quindi i Luceres in rappresentanza della componente etrusca i Tities in rappresentanza degli interessi sabini e di Ramnes rappresentativi di una componente locale il clan latino, forse stanziale del posto, forse guerriero di professione al quale forse era affidato il compito della sorveglianza armata dell’area e della vigilanza sul rispetto dei Patti.

Poi probabilmente l’atto di in subordinazione.

Con un colpo di mano le tre comunità stanziate sul posto si svincolano dalle popolazioni originarie mandanti dichiarandosi con il rito del tracciato del solco, Civitas e attribuendosi così il potere autonomo di imperio. Di qui la reazione – Remo peraltro soccombente – che si oppone al sacrilegio (pacta servanda sunt).

Nasce così, Roma, portone di transito aperto sul grande cortile del Mediterraneo con diritto di proprio leggi e di propri tributi: una città per un Fiume!

Le tre componenti fondatrici da cui deriveranno emblematicamente i termini di tribù tributi e simili, attraverso un’articolata e funzionale organizzazione civile e militare pervennero all’unità salvando le specificità non sarà più un popolo a vincere su un altro popolo, ma una cultura che vincerà nell’ambito di un territorio senza differenziazione fra le diverse etnie che la sosterranno, secondo un diritto scaturito da un patto.

Roma aveva speso bene le opportunità che il fiume le aveva offerto!

Da quel momento dalla Roma Monarchica a quella Repubblicana, a quella Imperiale a quella Sacra Romana, a quella Ecclesiale,  ancora oggi, su quel tratto di Tevere e sui Colli che lo coronano è rivolta l’attenzione del mondo.

Attenzione non ad un popolo dominatore, ma i principi universali che da quelle sponde si sono sempre sparsi per il mondo dal principio di legalità a quello di giustizia dalla Pax romana alla del Messaggio.

Resta un interrogativo: nel corso dei secoli si può ritenere mantenuto l’originario rapporto di dipendenza e necessità della città dal suo fiume?

Indubbiamente sì, per quanto concerne il legame al mito costituito prima dalla leggenda di Romolo quindi dalla sacralità dell’impero infine dal messaggio evangelico.

.E’ al percorso del Tevere che guarda la monumentalità di Roma costituita prima dai templi poi dagli edifici pubblici poi dalle chiese, opere rappresentative di potere insieme spirituale e temporale.

Fascino e potere del quale beneficiavano soprattutto le classi che dal Mito traevano prestigio e ricchezza.

E con il Rinascimento si afferma a Roma anche la potenza fiorentina che proprio sul Tevere pone il sigillo del suo dominio artistico e finanziario.

Sullo sperone di Sponda delimitato dall’ansa del Tevere che culmina nel Romano Ponte Elio poi Sant’Angelo, la colonia fiorentina a Roma, sostenuta dai banchieri che pongono i loro sportelli (banchi) lungo le strade del pellegrinaggio a San Pietro erige la propria “Chiesa Nazionale”, San Giovanni Battista dei Fiorentini, dando la palma di vincitore della gara per la costruzione al progetto del Sansovino, che audacemente eleva i contrafforti direttamente dal greto del Tevere.

Ed è lì, sul Fiume, su quel luogo di transito dalla sponda urbana a quella vaticana che Roma e Firenze catturano insieme lo spirito dell’Uomo, l’una nell’anima con il messaggio l’altra nell’animo con il Fiorino.

Ma il popolo romano?

Il Popolo, certo, restava per lo più legato all’antico rapporto di dipendenza dal fiume sostenuto dalla necessità di sostentamento.

Il carico e lo scarico delle merci il loro trasporto.

La pesca, l’abbeverata del bestiame, la gestione delle acque per l’irrigazione, il funzionamento dei Mulini.

Su tutto, però, i danni ricorrenti prodotti dalle inondazioni: la distribuzione dei beni, la morte.

Su tutto, quindi, sempre il peso del rischio, l’insicurezza del domani.

Questo forse è il motivo di un aspetto tipico caratteriale del popolano Romano, sottolineato nella canzone dialettale, sottinteso nelle opere degli incisori e pittori romantici di Roma: un velo sottile di malinconia, nascosto nel sorriso sprezzante dell’ironia.

Ma cosa ha sempre aiutato i Romani a sopravvivere?

E’ esagerato supporre che il paesaggio fatato, che il Tevere e la città offrono a chi ha il privilegio di goderne, aiuta a lenire ogni dolore?

Ci piace immaginare lo stupore di uno dei tanti artisti ed intellettuali venuti a Roma a vedere, studiare e lavorare, Raffaello, che scendendo al fiume per riposo dalle fatiche alla Farnesina in quel di Santa Dorotea, a Trastevere, scorge sul greto una figura di donna. E’ La Fornarina.

E’ quello il momento in cui il Dio Sole, Apollo, si abbassa all’orizzonte per il serale amplesso con la sua amante di sempre, la Città del Fiume.

Arrossiscono i tetti di Roma, mentre si offrono all’ardore amoroso del Dio, ed anche il Tevere pretende il suo tributo, penetrando più impetuosamente la città con i suoi limi d’amore.

Stempera gli ardori il vento, il vento di Roma, insinuandosi furtivo nell’alveo del fiume, a lambire voglioso i capezzoli delle Cupole fatate….

In quello scenario, la Fornarina, si volta verso Raffaello, offre il viso al suo sguardo. Appare come una Madonna, nello splendore del tramonto.

Dirà,poi,  sommessa:”Sii delicato, è Amore!”

E da quell’Amore, l’Arte.

L’Arte di Raffaello, di Michelangelo, degli altri.

Ma anche del Popolano, di quello Poeta, di quello Musicante.

Il Tevere? Un Fiume!

Ma, soprattutto un Fiume d’Amore.

 

Testo dell’Avv. Marcello Tagliaferri.

Grazie a Carla e Clara Muggia. Si ringrazia Pietro e Paola Nelli per la collaborazione

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